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Emocromatosi nel VCO

Vedi anche il sito dell'Associazione per lo Studio dell'Emocromatosi e delle Malattie da Sovraccarico di Ferro ONLUS (www.emocromatosi.it)

L'emocromatosi, patologia causata da un aumentato assorbimento del ferro alimentare che determina un progressivo accumulo di ferro nell'organismo, è una malattia ereditaria frequente.

Purtroppo essa è tuttora poco considerata e spesso scoperta casualmente nel corso di esami periodici od alla comparsa delle sue complicanze.
Essa è spesso sottostimata per diverse ragioni:

  • a) dà segno di sé solo negli stati avanzati;
  • b) i sintomi qualora presenti sono aspecifici;
  • c) la malattia e gli esami necessari per la diagnosi sono poco conosciuti;
  • d) è frequentemente confusa con l'epatopatia alcoolica.

 

Il sovraccarico di ferro è caratterizzato da un aumento quantitativo dei depositi di tale metallo nell’organismo umano; usualmente il deposito di ferro è stimato essere di 50-60 mg/Kg per l’uomo e di 35-40 mg/Kg per la donna. Tutte le condizioni associate a depositi di ferro superiore ai 5 grammi possono causare danno tessutale in vari organi e quindi rilevanti manifestazioni cliniche.

Non esiste una via particolarmente efficiente di eliminazione del ferro e qualsiasi condizione che determini un aumentato apporto marziale conduce inevitabilmente ad un incremento delle riserve corporee.

ETIOLOGIA - Il sovraccarico di ferro può essere secondario, determinato cioè da condizioni acquisite che indirettamente conducono all’accumulo tissutale del ferro (es. terapia trasfusionale), ma anche primario, intendendo con tale definizione la malattia caratterizzata da un’alterazione puntiforme geneticamente determinata dei meccanismi di regolazione dell’assorbimento del ferro.
La natura ereditaria dell’emocromatosi idiopatica è stata affermata per primo da Sheldon (1953) confermata da Simon (1975) sulla base della stretta relazione tra l’emocromatosi ed il complesso maggiore di istocompatibilità di classe I, sito sul braccio corto del cromosoma 6 ed infine dimostrata dall’identificazione del gene HFE (Feder -1996).
In questa regione del cromosoma 6 sono state identificate originariamente due mutazioni C282Y e H63D.
La malattia autosomica recessiva richiede normalmente una condizione di omozigosi per la variante C282Y o di eterozigosi composta C282Y/H63D per manifestarsi. Successivamente sono state identificate altre mutazioni tra cui di interesse locale la variante E168X (variante ossolana).

ETIOPATOGENESI – La proteina codificata dal gene HFE, strettamente legata alla Beta2-microglobulina, funge molto probabilmente da sensore dei livelli plasmatici del ferro regolando così l’espressione di altri geni che controllano la captazione o il rilascio del metallo. Un’alterazione genetica della proteina è così determinante nell’assorbimento marziale a livello intestinale che normalmente si attesta intorno al 5-10% mentre nei soggetti con emocromatosi raggiunge livelli molto superiori.

CLINICA – L’emocromatosi è quindi una malattia autosomica recessiva caratterizzata da un alterato assorbimento intestinale del ferro con conseguente sviluppo di un sovraccarico a livello delle cellule parenchimali di molti organi come il fegato, il pancreas, il cuore, le articolazioni e gli organi endocrini.
Le conseguenze cliniche dell’accumulo di ferro in questi organi, che avviene in un tempo di alcuni decenni, sono rappresentate dalla cirrosi epatica, dal carcinoma epatocellulare, dal diabete, dalla cardiopatia, dall’artropatia e dall’ipogonadismo.
La denominazione di diabete bronzino per la marcata iperpigmentazione cutanea associata al diabete con cui veniva una volta identificata l’emocromatosi, è ormai una evenienza rara.
Il fegato è l’organo dove più precocemente si accumula il ferro e l’epatomegalia conseguente è un segno obiettivo di più comune riscontro, presente in più del 90% dei casi clinicamente sintomatici. L’epatocarcinoma rappresenta la più frequente causa di morte dei pazienti con emocromatosi idiopatica e cirrosi.
L’incidenza del diabete è intorno al 50% con due meccanismi patogenetici: resistenza insulinica per la disfunzione epatocellulare; ridotta produzione di insulina causata dal progressivo accumulo di ferro nelle beta cellule del pancreas.
L’ipogonadismo si manifesta nell’uomo con impotenza, perdita della libido e nella donna con amenorree: esso è il risultato di un danno primitivo indotto sulle cellule ipotalamo-ipofisarie che determina una insufficiente funzione gonadica per ridotta produzione di gonadotropine.
Il sovraccarico di ferro all’interno delle miocellule, negli stadi avanzati porta a scompenso cardiaco per cardiomiopatia dilatativa e gravi aritmie che sono tra le principali cause di morte.
Le alterazioni ossee ed articolari sono presenti in una percentuale variabile (20-50%) con una sintomatologia che si presenta prevalentemente dopo i 40 anni. Sebbene la maggior parte delle articolazioni può essere coinvolta, è caratteristica la manifestazione osteoartritica delle falangi metacarpali del 1-2-3° dito.

DIAGNOSI – Diagnosticare precocemente l’emocromatosi è fondamentale per prevenire le gravi complicanze cliniche determinate da un sovraccarico di ferro, onde intervenire e limitare se non addirittura prevenire il danno d’organo.
Lo screening degli indici bioumorali dello stato del ferro e della presenza delle mutazioni genetiche dell’HFE sono fondamentali e dovrebbero essere eseguiti indicativamente all’inizio della IV decade di vita.
Convenzionalmente si ritiene predittivo un valore di saturazione della transferrina superiore al 45%.
Anche la ferritina sierica è ovviamente fondamentale nella valutazione dello status del ferro, ma essa aumenta considerevolmente anche negli stati infiammatori o neoplastici e in presenza di un’importante necrosi epatocellulare ed in questi casi non c’è più correlazione diretta con i depositi marziali (100 µg/L di ferritina = 86 mg di ferro di deposito circa).
In assenza delle condizioni sopra riportate sono da considerare indicativi valori di ferritina maggiori di 400 µg/L nell’uomo e 200 µg/L nella donna.
In presenza di valori alterati di saturazione transferrinica e di ferritina sierica è indicata la biopsia epatica per valutare l’entità del danno epatico e del sovraccarico di ferro.
Meno invasiva della biopsia epatica e molto innovativa risulta la suscettibilità magnetica misurata mediante una speciale apparecchiatura (SQUIDD – Superconducting Quantum Interference Device) presente in pochi ospedali al mondo tra cui figura da 2-3 anni anche l’Ospedale infantile Regina Margherita di Torino.
Una volta posta la diagnosi di emocromatosi, si dovrà procedere attraverso indagini bioumorali e strumentali alla valutazione dei danni d’organo : fegato, cuore, ghiandole endocrine, articolazioni.
E’ inoltre raccomandabile procedere ad una indagine bioumorale e genetica famigliare.

TERAPIA – La finalità della terapia è quella di rimuovere in breve tempo l’eccesso di ferro: ciò si ottiene con la salasso terapia settimanale di 400-450 ml fino a raggiungere la ferro deplezione, definita da una percentuale di saturazione della transferrina minore del 20% e da valori ferritina sierica minori di 30 µg/L.
In questo modo si eliminano con ogni salasso circa 200 mg di ferro e si stimola l'organismo a produrre nuovo sangue utilizzando il ferro depositato in eccesso. Possono essere necessari da alcuni mesi ad anni per rimuovere l'eccesso di ferro.
Una volta raggiunta la ferrodeplezione, si instaura una salasso terapia di mantenimento per mantenere i parametri del ferro entro la normalità. L’efficacia della terapia è ovviamente strettamente legata alla precocità della diagnosi.

CONCLUSIONI – L'emocromatosi è la malattia ereditaria più comune nel mondo occidentale.
E' stato stimato, in Italia e in varie regioni europee ed extraeuropee che esistano 2-5 malati su 1000 individui e 9-15 portatori su 100.
Ciò vuol dire che su 170.000 pazienti dell’asl 14 ci sono dai 400 agli 800 malati e dai 15.000 a 25.000 portatori.
I soggetti malati in trattamento presso i tre presidi ospedalieri non raggiungono il centinaio, per cui rimangono sul territorio, non diagnosticati ancora qualche centinaio di malati. Attraverso uno studio condotto in collaborazione tra l ‘ U.O.A. di Medicina Trasfusionale del P.O. di Domodossola ed il centro anemie congenite dell’ospedale di Monza, sono stati individuati su 608 donatori ossolani afferenti al nostro Servizio: una donatrice omozigote C282Y con livelli di ferritina di oltre 200 ng/ml che attualmente viene sottoposta a donazioni con frequenza trimestrale, un gruppo nutrito di donatori con la variante tipica Celtica (C282Y) e ben sette donatori con una variante riscontrata per la prima volta in altre due famiglie ossolane (E168X).
Anche grazie alla nostra esperienza a livello regionale è stata lanciata per il 2002 la campagna di ricerca del gene HFE tra i donatori nuovi afferenti a tutti i Servizi Trasfusionali del Piemonte.
Anche in questo caso è stata dimostrata nella nostra zona una frequenza di alterazione genetica HFE pari al doppio di quella presente sul restante territorio Regionale, probabilmente per la migrazione di popolazioni Celtiche attraverso il passo del Sempione. Per far fronte alla esigenza di diagnosi precoce sul centinaio di pazienti che nella nostra zona mancano ancora all’appello verrà istituito un ambulatorio apposito presso il Servizio Trasfusionale di Domodossola con orari ancora da definire (tel 0324/491272).